Dalla peste al Covid-19: Manzoni e Boccaccio insegnano

«La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia». Inizia così il capitolo XXXI dei Promessi sposi.

Mai romanzo storico fu così recente.

L’Emergenza Coronavirus che stiamo vivendo in questi mesi ci riporta a pensare alla terribile epidemia di cui parlava Alessandro Manzoni nel suo celebre romanzo, un’epidemia di peste che si scatenò tra il 1629 e il 1633 nell’Italia Settentrionale, colpendo in particolar modo il Ducato di Milano.

Scorrendo le pagine del capitolo ci si imbatte in un racconto che sembra rispecchiare la realtà odierna.

Così come rende noto Paolo di Stefano nell’articolo Coronavirus, rileggiamo Manzoni quella peste a Milano parla di noi,  sono infatti molte le analogie con l’attualità: la sottovalutazione del pericolo e i comportamenti inadeguati della popolazione, la scarsa attenzione verso i moniti degli esperti, la ricerca di un capro espiatorio e la diffusione di false notizie, fonti di ulteriori allarmismi.

Nonostante i contagi e un numero sempre più elevato di decessi in Cina, la situazione in Italia non è stata presa seriamente, almeno nei primi tempi. “È una semplice influenza” è stata la definizione che molte persone hanno pensato di dare al virus che pian piano si stava facendo sempre più strada da solo. Nonostante le prime misure di prevenzione imposte dal governo, gran parte della popolazione ha continuato a sottovalutare il pericolo continuando a creare assembramenti o causando una corsa di massa verso le stazioni in modo tale da poter prendere il primo treno e “scappare” dalle cosiddette “zone rosse”.

Nel saggio storico Storia della colonna infame ambientato sempre nel 1630, Manzoni narra il processo contro due presunti untori ritenuti responsabili del contagio pestilenziale tramite misteriose sostanze, in seguito ad un’accusa infondata da parte di una donna del popolo. All’epoca le credenze sugli untori ebbero una diffusione tale da innescare comportamenti violenti e infondati dettati dalla paura e dall’allarmismo. E questa ricerca all’untore ha scatenato episodi di vero razzismo anche all’inizio della pandemia attuale, con insulti e violenze infondate verso chiunque avesse tratti asiatici.

Non dimentichiamoci però della nobiltà d’animo di chi aiuta chi più ne ha bisogno, come fecero allora i frati cappuccini al Lazzaretto.

Alessandro Manzoni non fu di certo l’unico a parlare della peste. Molto prima di lui infatti, a Firenze, Giovanni Boccaccio pubblicò il Decameron, una raccolta di cento novelle scritta tra il 1348 e il 1353, immediatamente dopo la pandemia di peste nera o peste bubbonica (chiamata così perché uno dei suoi sintomi era la tumefazione dei linfonodi, detti anche “bubboni”) che nel 1348 colpì Firenze e tutta l’Europa.

La storia narra di un gruppo di dieci giovani che per dieci giorni decidono di ritirarsi nella campagna fiorentina, sfuggendo così alla peste che imperversava in città. Qui si dedicano ad ozi, balli e giochi ma soprattutto iniziano a raccontare storie per passare il tempo.

Tramite i racconti dei protagonisti, il Decameron vuole simboleggiare la rinascita dell’umanità e dei suoi valori che altrimenti sarebbero perduti, dal momento che la città è sotto l’effetto distruttivo e paralizzante della peste. Si tratta di una metafora importante, in quanto esprime la concezione preumanistica di Boccaccio nella quale le humanae litterae (qui rappresentate dalle cento novelle) hanno la facoltà di rifondare un mondo distrutto e corrotto.

Nonostante siano passati secoli, credo che la riscoperta di valori di cui parla Boccaccio sia un tema su cui dovremmo soffermarci. Siamo stati per due mesi chiusi in casa, costretti a mettere in standby le nostre abitudini quotidiane ma tutto ciò si è rivelato essere anche un’occasione per conoscere meglio noi stessi, passare più tempo con i nostri cari, reinventarci e capire l’importanza della vita.

La storia si ripete e la letteratura insegna. L’ uomo si evolve e le tecnologie progrediscono, ma di fronte ad eventi di queste proporzioni, nessuna mente e nessun braccio sembrano capaci di fermare  la rapida diffusione di agenti cellulari cosi microscopici.

Una cosa è certa: dopo questo periodo molte cose cambieranno. In meglio o in peggio? A noi la scelta.

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